Appare particolarmente difficile ed impegnativo formulare delle riflessioni sull’attuale situazione geo e socio-politica. Siamo invasi da bilanci e previsioni politicamente disorientanti su tutti fronti. Aspettiamo con apprensione i tanto proclamati “segnali di ripresa” economica. Di fatto, assistiamo quotidianamente ad una escalation incessante di povertà che colpisce le famiglie, sempre più provate ed esasperate dalle difficoltà economiche.
Tutti i giorni, destreggiandoci tra limiti e risorse, incontriamo, ascoltiamo,accompagniamo centinaia di persone, famiglie che si rivolgono ai nostri centri di ascolto per la complessità ed urgenza dei molteplici bisogni di cui sono portatrici.
All’interno del problematico quadro sociale attuale, la nostra forza è il dono dell’amore di Dio che si palesa e concretizza giorno dopo giorno nell’INCONTRO con le persone,donne, uomini, mamme, papà, giovani, bambini, anziani che abbiamo il dono di accogliere nei nostri centri di ascolto, nelle parrocchie, nei nostri servizi.
Questo incontro non è solo interazione, ma relazione che sviluppa legami di solidarietà cristiana, di vicinanza amorevole. Sebbene, il grido di aiuto porti con sé manifestazioni ora furiose e colleriche, ora doloranti, drammatiche ed emotivamente impegnative da fronteggiare, “quel dono”, rappresenta per noi cristiani l’opportunità attraverso cui comprendere, essere presenti ed aiutare.
Tante sono le grida di aiuto a cui le nostre orecchie non possono restare sorde. Penso alle persone che stanno scontando una condanna, recluse all’interno di una istituzione penitenziaria. Penso alle persone ammalate, che lottano per se stesse e per le loro famiglie, a cui siamo vicini, sostenendole in diversi modi. Penso alle famiglie disgregate, ai bambini non tutelati dalle proprie famiglie, penso alle persone costrette a vivere per strada, alle tragedie che si verificano ogni giorno in altre nazioni, alle vittime dei disastri ambientali, come le vittime in Nepal.
Penso al grido di aiuto spezzato delle tante persone, che in fuga dalla guerra hanno trovato una tragica fine nel nostro mare. Ulteriori drammatiche vicende che senza dubbio, rendono più complessa la già faticosa scena sociale quotidiana, ma verso cui l’indifferenza è fuori discussione per i cristiani, tanto quanto il rifiuto dell’accoglienza.
Non nascondo una certa preoccupazione e una grande sofferenza per la indegna strumentalizzazione, anche politica, delle tragiche vicende dell’immigrazione che hanno operato in tanti. Slogan che facendo leva sulle difficoltà degli italiani, anch’essi a loro volta strumentalizzati, hanno aizzato all’odio e alla xenofobia. Sembra che proprio la storia del periodo fascista e dell’olocausto, tanto commemorata e custodita rimanga, avvolte, solo argomento di bei discorsi celebrativi, di cui l’occidente sviluppato non riesce a fare tesoro nei momenti emblematici.
L’accoglienza, valore cristiano, non può essere prerogativa dei soli cristiani, ma di tutti. Di tutte le città, di tutte regioni, di tutte le nazioni.
L’Europa non può “nascondersi” dietro l’ impegno del pattugliamento in mare, impaurita dai numeri e dal flusso migratorio, ma deve offrire salvataggio.
Molte nazioni temono che proprio il valore della salvataggio in mare possa costituire un fattore di attrazione e sollecitare tante altre persone a migrare. Certo la mobilità umana che sta caratterizzando lo scenario socio-politico, non è semplice, né episodica, ma qualificante la struttura delle nostre società, e richiede un intervento solido.
Occorre oggi, ma occorreva già da tempo che si mettesse testa e cuore su questo fenomeno, non con isolati e slegati interventi, ma con robuste e complesse azioni e scelte politiche e sociali.
Con atteggiamento vigile e spirito critico e di collaborazione, confidiamo nel lavoro che a livello internazionale in questi giorni la politica europea sta portando avanti e auspichiamo l’intervento propositivo e di sostegno dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, poiché le mobilità umane sono questione mondiale.
Di certo, non possiamo condannare anche noi alla morte, chi fugge dalla morte.